sabato 13 settembre 2014

L'URLO DI ANNA, CHE CADDE TROPPO PRESTO

LestoFilm

L'URLO DI ANNA, CHE CADDE TROPPO PRESTO


Oggi aficionados, più che sul famoso, andiamo decisamente sul leggendario
Perché insomma, santiddio, tu metti la storia di Roma sotto l'occupazione nazista, metti un tizio di nome Federico Fellini a scriverla, un altro di nome Roberto Rossellini a filmarla e altri due di nome Anna Magnani e Aldo Fabrizi a interpretarla, la leggenda vien fuori da sé, senza troppo altro da aggiungere. 

Quindi sì, avete capito bene, benissimo: è di Roma città aperta che stiamo parlando. 
Che poi da dire non è che ci sia granché... un po' perché son settant'anni che se ne parla e alla fine è già stato detto tutto... ma soprattutto perché che minchia vuoi dire davanti a una roba simile? Stai zitto, lo guardi, resti a bocca aperta come un ebete, passi una notte insonne a ripensarci e il giorno dopo ti vien voglia di riguardarlo ancora. 

Ma qualcosina, ci va di dirla lo stesso. 
In particolare ci va di raccontarvi, nel caso non lo sapeste, com'è che fu girata la scena in assoluto più famosa del film (e di certo tra le più famose di tutta la storia del cinematografo, italiano e non). Quella in cui la splendida Anna Magnani corre verso il camion che sta portando via i prigionieri gridando "Francesco! Francesco!! Francesco!!!" e poi cade, stramazza a terra colpita da una raffica di mitraglia nazista. 

Che poi è tutta la storia di come è stato girato sto capolavoro qua a essere pazzesca. Oggi si dice, giustamente, che segna l'atto di nascita del neorealismo, che rivoluziona la storia del cinema, che inventa un nuovo modo di girare film, una nuova poetica cinematografica, l'inizio del cinema moderno e via dicendo... 
Solo che tutta sta roba qua, come nelle migliori tradizioni, fu dettata dal caso e dalla necessità. 

Prima di tutto, questo mica doveva essere un film a soggetto (o di fiction, come fa figo dire oggi). No, Roma città aperta originariamente, nei progetti di Roberto Rossellini, doveva essere un documentario. Doveva chiamarsi Storie di ieri e raccontare la storia di don Morosini, coraggioso prete romano realmente esistito e fucilato dai nazisti. 
E al di là del reale interesse di Rossellini nei confronti della storia di don Morosini, c'era pure un'altra questione: un documentario, rispetto a un film a soggetto, costava decisamente meno. Dettaglio non da poco, visto che nella Roma del 1945, appena liberata, soldi non ce n'erano manco a cercarli col lanternino. 

Poi però nella squadra di soggettisti e sceneggiatori incaricati di scrivere il copione del documentario entrò il giovanissimo Federico Fellini. Giovane quanto volete, ma già con le idee chiare e con addosso il suo particolarissimo e inimitabile metodo di lavoro: partire da un dettaglio e poi procedere per accumulo, affastellando la strada principale della trama di una quantità sempre crescente di situazioni e suggestioni laterali e secondarie. 
Il lavoro di Fellini allontanò così progressivamente il copione dalla forma del documentario, facendolo sempre più somigliare a un film vero e proprio. 

L'idea a Rossellini piacque, e Rossellini quando s'innamorava di un'idea s'intestardiva e voleva portarla avanti contro ogni logica. In quel caso, come già detto prima, la logica che avrebbe suggerito a chiunque di rinunciare a girare un film a soggetto, era puramente economica. 
Non c'erano i soldi per avere a disposizione macchinari e pellicola a sufficienza. 
Non c'erano i soldi per pagare gli attori. 
Non c'erano i soldi per noleggiare gli studi dove ricostruire gli ambienti e ricostruire le scene. Anzi, non c'erano proprio gli studi e i teatri di posa, tutti distrutti dai bombardamenti. 

Chiunque avrebbe rinunciato. Chiunque, tranne Roberto Rossellini. 
Si dice e si scrive che Rossellini rivoluzionò la grammatica cinematografica scegliendo di girare con macchine da presa leggere per riprese a mano. Verissimo, ma prima di tutto lo fece per necessità di risparmiare soldi
Si dice e si scrive che l'innovazione centrale di Roma città aperta e del neorealismo fu quella di abbandonare i teatri di posa e girare in esterni reali, in ambienti veri e non ricostruiti. Verissimo, ma anche questo fu fatto perché non vi era altra alternativa
Si dice e si scrive che l'altra rivoluzione fu quella di utilizzare attori non professionisti, presi dalla strada. Anche qui, furono le ristrettezze economiche a dettare la scelta.
E per i ruoli principali, Rossellini scelse due giganti della recitazione, ma che anche in questo caso gli permettevano di ridurre i costi: un grandissimo amico, Aldo Fabrizi, e Anna Magnani, all'epoca compagna del regista. 
Chiaro che se la tua compagna si chiama Anna Magnani e il tuo migliore amico Aldo Fabrizi, le cose sono veramente molto più semplici... 

Così le riprese, nel 1945, partirono. 
Fu un set a dir poco rocambolesco, mille difficoltà quotidiane da sbrogliare, riprese effettuate tra le macerie di una Roma ancora devastata dai bombardamenti. 
Molti dei macchinari furono racimolati a caso, in maniera fortuita. La pellicola soprattutto, disponibile in quantità così minima da rendere spesso impossibile girare più ciak della stessa scena. Nella maggior parte dei casi, il "buona la prima" fu una scelta obbligatoria. 

Destino che toccò anche alla scena clou, quella appunto della disperata corsa di Anna Magnani. 
La scena che contemporaneamente è diventata il simbolo del neorealismo, del cinema italiano nel mondo e pure della liberazione dell'Italia dal nazifascismo, fu in realtà viziata da un errore. La penuria di pellicola poi, costrinse il regista a farsela andare bene anche così. 

Ma quale fu l'errore? 
Il set scelto per la scena fu via Raimondo Montecuccoli, quartiere Prenestino, una strada molto lunga e sgombra, in quanto Rossellini immaginava una lunga corsa della protagonista da girare in piano sequenza. 
Non avendo però ancora deciso se riprendere la scena con inquadratura frontale o laterale, Rossellini decise di filmare il piano sequenza con due macchine da presa contemporaneamente, una a seguire la Magnani di fronte e una di lato. La scelta sarebbe poi stata fatta in sede di montaggio. 
Ma Anna Magnani, sbagliò. Presa dalla foga, non fece la lunga corsa che gli aveva chiesto il regista e cadde troppo presto, dopo solo pochi metri. 
In una qualsiasi altra situazione, la scena sarebbe stata scartata e rigirata. Ma non in questo caso: non c'era più pellicola e l'urlo e la corsa di Anna non potevano essere rigirati. 
Così Rossellini si trovò costretto a rinunciare al piano sequenza e ad utilizzare entrambe le inquadrature, sia quella di lato sia quella frontale, e montarle in successione e alternativamente creando l'illusione di una corsa più lunga. 

E a vedere il risultato, viene da dire: alla faccia dell'errore... 

Tutti l'avete già vista e rivista, lo so, ma io ve la linko lo stesso... che rivederla, pure fosse la milionesima volta, è sempre una gran cosa... 



Alla prossima,
IL LESTO 

contatti: lestiniriccardo@gmail.com

Nelle precedenti puntate di LestoFilm: 










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